Basilica di Santa Maria Assunta

STORIA

Il luogo dove oggi sorge la Basilica di Santa Maria Assunta era già occupato da una chiesa sin dall’alto medioevo, come testimoniato in una pergamena risalente al 974 e nel Liber Notitiae Sanctorum Mediolani del XIII secolo.

Nel XIX secolo però, la chiesa esistente venne chiusa per motivi di sicurezza e la città sentiva il bisogno di una nuova.

Nel 1842 Giuseppe Cagnoni fece un lascito testamentario per la costruzione di un nuovo edificio di culto per Gallarate, così nel 1855 il prevosto Paolo Maestri commissionò all’architetto milanese Giacomo Moraglia la costruzione della nuova Basilica di Santa Maria Assunta. Vennero proposti quattro progetti, suddivisi in due lotti: uno per la struttura della chiesa, un secondo per i locali di servizio e altre opere come la facciata.

Pianta della vecchia prepositurale

Venne innanzitutto abbattuto l’edificio preesistente, per poi innalzare i muri perimetrali, che fungono da contrafforte per la volta a botte con luce di 16 metri e la cupola con diametro di 18 metri, entrambe realizzate senza tiranti. Successivamente si passò al progetto previsto dal secondo lotto, ma sorsero dei problemi perché secondo gli impresari la facciata non era realizzabile ai prezzi stabiliti nel contratto.

Nel 1860 Moraglia morì e venne sostituito dal figlio Pietro. La facciata viene quindi completata: è sovrastata da un grande frontone alla cui sommità si eleva la statua della Vergine Assunta, affiancata da due statue di angeli. Nella parte superiore quattro semicolonne ioniche suddividono il corpo centrale e sorreggono il frontone, mentre i lati, più arretrati, sono limitati da lesene. I portali d’ingresso sono tre nonostante la navata unica.

Il 2 giugno 1861 la basilica venne aperta al culto, con una navata unica lunga 89 metri, larga e alta oltre 17 metri e una cupola che raggiunge i 27 metri da terra.

Si tratta di un edificio collocato in un luogo di grande significato simbolico per la storia della città. Il forte sviluppo economico di quegli anni. la metà dell’Ottocento, si deve anche alla capacità imprenditoriale di alcune famiglie emergenti, tra le quali i Cantoni, i Borghi e soprattutto i Ponti che, più degli altri, oltre a influire direttamente sullo sviluppo urbano della città, donarono molto alla fabbrica della basilica. Nel 1885 Carlo Maciachini, noto per la costruzione del Cimitero Monumentale di Milano, venne incaricato del progetto delle decorazioni interne.

Successivamente, nella primavera del 1887, l’apposita Commissione, istituita per dirigere i lavori di decorazione e fissarne con precisione i soggetti e i tempi di attuazione, però, decise di modificare l’originario progetto del Maciachini per lasciare spazio ad un complesso programma iconografico affidato al pittore Luigi Cavenaghi e ad altri artisti per dorature e statuaria.

Assieme ai fratelli Stocchetti e a Cavenaghi, infatti, lavorarono alle decorazioni interne della Basilica anche il doratore Giuseppe Tosi, gli stuccatori Giacomo Sozzi, Antonio Soldini, Giacomo Bertini e lo scultore Odoardo Tabacchi. Gli affreschi del Cavenaghi, realizzati tra il 1887 e il 1891, hanno come soggetto i martiri della Chiesa, i patriarchi, i dottori della Chiesa e gli evangelisti, sei scene dell’antico testamento e della storia cristiana delle origini e sul soffitto i tre medaglioni raffiguranti l’Incoronazione della Vergine, sopra l’altare, la Giustizia e la Carità.

Ulteriori modifiche al complesso ecclesiastico si ebbero successivamente alle previsioni del piano regolatore cittadino, risalente agli anni ’30 del Novecento, quando, secondo la logica del diradamento e dell’isolamento degli edifici monumentali, vennero demoliti edifici attorno alla Basilica. In seguito all’apertura di Corso Italia, a partire dal 1938, venne ricostruito l’edificio del Faietto ed edificato il nuovo battistero, su progetto dell’architetto Ambrogio Annoni.

Nel 1961, in occasione del compimento del primo centenario della inaugurazione della basilica, il prevosto, monsignor Lodovico Gianazza, incoraggiato dalla popolazione e dalla larga generosità di molti parrocchiani, diede inizio ad un diligente restauro della chiesa col duplice intento di riportarla alla primitiva bellezza artistica e di renderla, con opportuni rifacimenti, più atta alle nuove esigenze del culto, dotandola di ammodernamenti idonei a migliorarne la funzionalità. 

A completare il rinnovamento e la valorizzazione delle bellezze della basilica fu un nuovo e più razionale impianto d’illuminazione che ha permesso ai fedeli di ammirare la chiesa rinnovata in tutta la sua magnificenza.

Particolare delle decorazioni della navata

DECORAZIONE INTERNA

Si propone in seguito una sintetica introduzione di decorazioni interne della Basilica con lo scopo di far luce sul contesto in cui sono state realizzate. La principale fonte per compiere questa indagine è rappresentata dall’Archivio Storico Parrocchiale che conserva i documenti relativi alla costruzione della chiesa, alla sua decorazione e ad alcuni interventi di restauro eseguiti. Tali materiali sono stati integrati con quelli presenti nell’Archivio corrente, per gli interventi operati in tempi recenti, dallo spoglio dei bollettini parrocchiali e della rivista «Rassegna gallaratese di arte e storia» e dalle fonti bibliografiche. 

Tra il 1856 e il 1857 Moraglia aveva comunque già steso dei preventivi per le opere di decorazione a stucco per la Chiesa: venivano previsti lavori di intaglio alla trabeazione e al cornicione d’imposta della cupola, la posa di mensole in granito bianco, di modiglioni intagliati con fogliami e volute, la modellazione di altri cornicioni, ornamenti a stucco in rilievo nelle coperture delle volte delle cappelle e verniciatura con biacca ad olio. Secondo Sironi, inoltre, il Moraglia non avrebbe voluto collocare nella nuova chiesa nessuno dei quadri presenti nella vecchia prepositurale.

Una simile presa di posizione ci induce a ritenere che il Moraglia pensasse ad una decorazione ex novo, coerente con lo stile architettonico, o meglio con la sua personalità. Infatti in alcuni esempi di architetture neoclassiche prevale una decorazione alla cui base sta l’horror vacui, mentre nel Moraglia è presente una più moderata necessità di avvalersi di una decorazione esuberante. L’intero programma di decorazione pensato da Moraglia non venne però portato avanti nella sua interezza, forse a causa della sua morte, avvenuta nel 1860. Verranno chiamati poi Camillo Boito per la facciata e Carlo Maciachini per le decorazioni interne.

Primo segmento della volta, durante il restauro

Di fatto la carenza di nuovi fondi, provenienti principalmente da donazioni, aveva ritardato di un ventennio l’avvio di un nuovo e vasto programma decorativo per l’interno della Chiesa. A partire dagli anni Ottanta dell’Ottocento venne così promossa una nuova raccolta di offerte da parte di facoltosi industriali e della popolazione, coordinata da un’apposita Commissione denominata “Commissione per i lavori di Decorazione della Chiesa Prepositurale di Gallarate”.

AFFRESCHI

Gli artisti che collaborano alla decorazione della basilica di Santa Maria Assunta sono accomunati dall’aver studiato alla accademia di Brera dove ebbero, a partire dal 1860,Giuseppe Bertini come guida principale. Di alcuni dei protagonisti coinvolti nella decorazione della basilica di Santa Maria Assunta non ci sono notizie, nè di tipo biografico né di altri lavori realizzati. Essi sono Giovanni Bertini e Giuseppe Tosi, i cui nomi non compaiono in nessuno dei dizionari di artisti consultati per la ricerca, dove invece si trovano i nomi di Sozzi, Tabacchi e Soldini.

Gli affreschi del Cavenaghi, realizzati tra il 1887 e il 1891, avevano come soggetto i martiri della Chiesa, collocati negli otto spicchi della cupola mentre i tre medaglioni sulla volta raffiguravano l’Incoronazione della Vergine, sopra l’altare, la Giustizia e la Carità. 

Successivamente dipinse i patriarchi, sui pennacchi della cupola, i dottori della Chiesa e gli evangelisti ai lati degli arconi che immettono nelle cappelle laterali. La decorazione della Basilica si concluse nel 1891 con il compiacimento della Commissione. Cavenaghi lavorò con una certa autonomia all’interno del cantiere, a differenza delle altre figure coinvolte nel programma decorativo, che operarono invece sotto il diretto controllo dell’architetto e direttore dei lavori Maciachini. I fratelli Angelo e Celso Stocchetti, realizzarono il maggior lavoro di decorazione, essendo stata a loro affidata l’intera dipintura e doratura della Chiesa,attività che compirono con soddisfazione della Commissione, nonostante i contenziosi legati ai pagamenti. 

Essi presentarono, all’inizio del 1887, un primo preventivo secondo le direttive iniziali del Maciachini, caratterizzato da una decorazione prevalentemente costituita da girali vegetali e intarsi in oro su fondo blu, progetto in seguito modificato, come sopra ricordato, a seguito di una decisione della Commissione. I decoratori si occuparono anche della doratura di molte delle parti in stucco presenti nella chiesa , i capitelli di colonne e lesene oltre a iscrizioni,contorni di affreschi e varie filettature. 

A Giuseppe Tosi, doratore di Busto Arsizio, fu affidato l’incarico delle dorature dei pulpiti e delle cantorie. Egli presentò, assieme agli Stocchetti,un preventivo per le sole dorature dell’intera Basilica ma risultò più costoso. Considerata tuttavia la buona fama del Tosi, la Commissione decise di affidargli la doratura di pulpiti e cantorie. 

Il 16 settembre 1888 vennero inaugurati i lavori di decorazione della chiesa “maestosamente riuscita”, mentre gli affreschi del Cavenaghi furono portati a compimento più tardi, nel 1891.

PAVIMENTAZIONE

Il nuovo pavimento, non previsto dal programma decorativo di Maciachini, fu realizzato, fra il 1925 e il 1933, su progetto dell’architetto Romeo Moretti. L’architetto Moretti, milanese, divenne anche imprenditore dell’opera, avendo assunto l’incarico per la sua materiale realizzazione. 

Dopo una prima versione, da realizzarsi completamente in mosaico, il Comitato chiese una revisione del progetto per un pavimento misto, in mosaico e lastre di marmo.

I lavori si protrassero per molto tempo e addirittura furono sospesi, nel maggio del 1926, tanto che la chiesa venne riaperta al culto col pavimento incompiuto. Nel 1926 venne stralciata, rispetto al primitivo progetto, l’esecuzione dell’altare maggiore e del Coro senatorio, e Moretti completò il suo incarico, ridotto così alla sola aula, nel 1933. Il 27 giugno 1933, per concludere la rimanente parte della pavimentazione, ossia i mosaici dell’altare e del coro, venne dato incarico alla ditta Giacomo Fabricio di Milano, con l’impegno di consegnare il tutto entro il 15 settembre successivo.

STATUARIA

Per quanto riguarda la statuaria, all’inizio del 1887 fu affidato a Giacomo Sozzi l’incarico di realizzare le statue di S. Pietro e S. Paolo. Poiché non furono della qualità sperata, si diede incarico all’architetto Maciachini di ricorrere anche ad altri scultori. Vennero comunque assegnate al Sozzi altre sei statue (S. Andrea, S. Simone, S. Filippo, S. Bartolomeo, S. Giacomo Maggiore e S. Taddeo), che piacquero alla Commissione, oltre a sette dei diciotto bassorilievi presenti, posti sotto il fregio in finto marmo.

Allo scultore Antonio Soldini vennero affidate le statue di S. Giacomo Minore, di S. Giovanni Apostolo e di S. Tommaso. Inoltre, dai documenti risulta che egli realizzò anche gli ottantacinque medaglioni, presenti sul cornicione dell’aula, otto teste d’angelo presenti nel cornicione del tamburo della cupola e diversi altri elementi decorativi. Infine lo scultore Giovanni Bertini realizzò una sola statua all’interno della Basilica, quella di S. Matteo. La statua ritrae l’evangelista nell’atto di scrivere il Vangelo, col papiro e la penna in mano e il costume tratto da figure antiche. 

Bertini realizzò, nel complesso, anche otto bassorilievi: la Presentazione al Tempio, lo Sposalizio di Maria Vergine, l’Annunciazione, l’Adorazione dei Magi, la Purificazione, il Riposo in Egitto, l’incontro di Gesù sul Calvario.

VETRATE

Le vetrate della Basilica vennero realizzate in momenti differenti.

La prima vetrata ad essere compiuta, all’interno del programma di decorazione della Basilica dell’ultimo decennio dell’Ottocento, fu la vetrata dell’Assunta, posta sulla facciata principale della chiesa. Il soggetto da rappresentare nella nuova vetrata era la Vergine Assunta con “un bello e ricco coro di Angeli”.

La vetrata di Costantino, a lunetta, posta sopra la cappella del Crocifisso, venne realizzata nel 1913, in occasione delle celebrazioni costantiniane (editto del 313).

La vetrata di Cristo Re venne commissionata alla Scuola Superiore d’Arte Cristiana di Beato Angelico di Milano all’inizio del 1927. Tra il 1928 e il 1929 vennero poste in opera altre sette vetrate. I soggetti sono i seguenti: S. Pietro liberato dal Carcere, San Cristoforo, San Carlo Borromeo, Pio XI°, S.J. M. Vianney, S. Teresa del Bambin Gesù, Santa Margherita Maria Alacoque.

Attorno al 1963 l’artista Amalia Panigati realizzò quattro vetrate: Presentazione della Vergine Maria al Tempio, Ritrovamento di Gesù tra i dottori, Apparizione dell’Angelo Annunciante a Maria, La nascita di Gesù. Infine, nel 1971 sopra i due organi, sempre a firma della Panigati, vennero posate le ultime due vetrate: Abramo che sacrifica Isacco, La cena di Gesù in Emmaus.

RESTAURO

Nel 1871 sorsero i primi problemi di infiltrazione dell’acqua sugli affreschi, dopo solo un decennio dall’apertura della chiesa. I primi interventi vennero compiuti tra il 1938 e il 1939 e riguardarono la sostituzione di tutti i canali di gronda  in lamiera zincata, e la sostituzione delle tubazioni di scarico.

Alcuni interventi di ripristino delle decorazioni, almeno sulla controfacciata, furono eseguiti nel 1944, come testimoniano alcune scritte a pennello ritrovate sul primo cornicione. 

Nel 1948 la cupola venne scoperchiata e ciò richiese un consistente lavoro di rinnovamento. Iniziarono, dunque, nel giugno del 1961, importanti lavori di restauro in occasione del centenario, soprattutto a causa della degradazione degli affreschi. In merito alla copertura, fu effettuata una revisione riguardante la piccola orditura e l’integrazione della listellatura per la posa del nuovo manto; furono rimosse delle scossaline in pietra, sostituite con altre in lamiera zincata, ancorate alla muratura. Il manto di copertura, originariamente in tegole, venne sostituito con lastre di porfiroide. Per quanto riguarda i dipinti murali si decise di rinfrescare le decorazioni e gli ornamenti distrutti delle intemperie e dall’umidità, di ritoccare gli stucchi e i consunti affreschi e provvedere al restauro di preziosi dipinti di rinomati autori. Per l’occasione si è provveduto anche alla realizzazione della nuova sacrestia e della Cappella degli Sposi.

Già pochi anni dopo la conclusione dei lavori, nel 1966, si verificarono ancora  infiltrazioni d’acqua a cui si pose rimedio con ulteriori interventi.

Una volta risolti i problemi legati alle infiltrazioni di acqua della copertura e della cupola, si iniziò a pensare ai restauri degli affreschi, in particolare a quelli della cupola, compiuti a cavallo tra il 1970 e il 1971. 

Le infiltrazioni di acqua nella copertura, e in particolare nella cupola, però, continuarono. Nel 1972 infatti la cupola aveva ancora necessità di essere riparata, ed in particolare dovette essere sostituito il suo rivestimento in rame, effettuato dalla Ditta Gallazzi di Busto Arsizio. Il restauro avvenne nel 1978, in seguito alla perforazione della copertura in rame dovuta a scariche elettriche legate ad eventi atmosferici. Con il proposito di preservare gli affreschi si tentarono anche interventi errati, come la impermeabilizzazione dell’estradosso della cupola. Interventi che nel 1980, sotto la guida dell’architetto Francesco Moglia, vennero rimossi. Probabilmente in occasione di una revisione generale dei dipinti, tra il 1980 e il 1982, si procedette anche alla pitturazione polimerica delle lesene e delle semicolonne che, originariamente finite a stucco lucido finto granito rosa, vennero ricolorite con una tinta grigiastra di tipo polimerico e spuntinata ad imitazione del granito Montorfano. 

Un ulteriore e consistente intervento di rifacimento della copertura, ma che questa volta pare risolutivo, fu eseguito dalla ditta Hell di Appiano Gentile tra il 2001 e il 2004, con il Prevosto Monsignor Ambrogio Piantanida. 

La documentazione d’archivio testimonia che gli affreschi risultavano pesantemente scuriti da polvere e particelle d’inquinamento, mentre quello raffigurante Guiditta e Oloferne risultava molto danneggiato a causa di una infiltrazione d’acqua derivante da un edificio adiacente, così come la sua cornice in gesso. Questo evento si è ripetuto in anni recenti, tanto che l’ulitimo intervento di restauro dovette rimettere mano al dipinto e al rifacimento della cornice andata, per una consistente parte, perduta.

Infine, con riferimento all’altare e al presbiterio, si deve sottolineare che con la riforma liturgica, seguita al Concilio Vaticano II, la struttura del presbiterio fu rivoluzionata per consentire la celebrazione rivolta verso i fedeli: nel 1965 venne abolita la balaustrata interna dell’altare maggiore, il che consentì di approntare i leggii e un altare provvisorio rivolto al popolo, su apposita pedana, e venne introdotto l’ambone. 

L’ultimo restauro effettuato sulla basilica è iniziato nel settembre del 2016. Il lavoro di ripulitura e di restauro mirato hanno consentito di recuperare l’impatto scenografico delle colonne che ha acquisito le dominanti rosacee del materiale originale abbandonando la veste grigia risalente a precedenti interventi. Dipinti, stucchi, dorature sono stati oggetto di puntuali interventi di pulitura, riaggregazione, integrazione pittorica. Si è provveduto alla integrazione delle parti perdute con nuovi elementi realizzati a calco con gomme siliciche. Le ripresa delle dorature è stata fatta in parte con integrazione pittorica in parte con similoro in foglia su missione.

La navata prima e dopo il restauro

La cupola prima e dopo il restauro

ALTARE

L’Altare maggiore prima del restauro

Per quanto riguarda l’Altare Maggiore, non sono emerse fonti archivistiche relative alla sua progettazione. Venne ideato ed eseguito dallo scultore Odoardo Tabacchi e, secondo le fonti bibliografiche, terminato nel 1870. Si ha notizia di interventi sulla doratura che dovette essere rifatta intorno al 1886 dai Fratelli Mora.

L’altare maggiore e l’ambone di Claudio Parmiggiani

Realizzato e donato dall’artista emiliano Claudio Parmiggiani, è costituito da due lastre marmoree sovrapposte, che trattengono e proteggono una moltitudine di teste antiche, reliquie, emblemi.

All’inizio è stata bersagliata dalle critiche per via del suo aspetto, ma in realtà quest’opera è ricca di significati. In questa congerie di teste, sono presenti santi celebri, uomini antichi, filosofi, artisti, figure simboliche. Si va dall’Apollo del Belvedere alla Vergine della Pietà di Michelangelo, fino a Bernini.

L’altare rappresenta l’intera storia dell’uomo, riassunta attraverso le sue testimonianze più alte, tutte raccolte all’interno di questo altare. Le teste decapitate non sono, come molti pensano, un dettaglio macabro: stanno a rappresentare come la gloria della storia dell’uomo si possa racchiudere in un cumulo di macerie, e come l’umanità sia in attesa di essere riscattata.

L’altare, usato per la liturgia, fa capire come tutta la storia dell’uomo si possa ricapitolare in Cristo. 

L’altare riesce a riorganizzare lo spazio dell’edificio, e da sottolineare è l’uso di materiali molto raffinati: è realizzato in onice bianco, collocato su una vasta piattaforma in onice ocra.

Sempre realizzato da Parmiggiani è l’ambone, che si protrae sopra i gradini. Realizzato in labradorite crea un gioco di luce grazie ai riflessi metallici che vanno a determinarsi su di esso, come ci fosse una fonte di luce interna.

BIBLIOGRAFIA

  • Wolfango Pinardi, “La Collegiata di Santa Maria Assunta di Gallarate”, Edizione di “Arte Cristiana”, Milano, 1965

  • Felice Pozzoli, “Note sulla Costruzione e Decorazione della Nuova chiesa prepositurale di Gallarate”, Commissione a Beneficio delle Artistiche Decorazioni, 1888

  • Paolo Gasparoli e Fabiana Pianezze, “Il progetto di restauro e riqualificazione della Basilica di S. Maria Assunta”

  • Monica Aresi, Paolo Gasparoli e Fabiana Pianezze, “Il Programma decorativo delle superfici interne della Basilica di Gallarate”

  • Paolo Gasparoli e Fabiana Pianezze, “Relazione Tecnica Illustrativa”, Diocesi di Milano

La basilica raccontata dall’Architetto Paolo Martinelli